domenica 26 ottobre 2014

Recensione - Guardiani della Galassia



Non ero convinta di andare a vedere questo film, ritenendola un'altra americanata alla "Fantastici 4" in cui i cliché si univano tutti insieme in un pentolone di botte e di avventure strampalate. Non ero prevenuta, giuro, eppure il film ha rispecchiato appieno le mie aspettative.

L'acclamata pellicola parte con il cliché più ciclopico della storia: un ragazzino la cui madre gli è appena schiattata di fronte che scappa via e viene sovrastato da una strana luce.

Il primo pensiero che mi è venuto è stato: perché? Ora, noi sappiamo grazie alla storia (dei fumetti, s'intende) che lui è in realtà il figlio di un re spaziale, ma non dandocene alcun indizio, perché mai un ragazzino dovrebbe venir rapito da una flotta di pirati alieni?

Andiamo avanti. Questo stesso ragazzino cresciuto, Peter Quinn, arriva su un pianeta desolato e a suon di musica raccoglie una sfera abbandonata. Da qui cominciano a volerla tutti.

Questa sfera è rimasta lì chissà quanto tempo e solo non appena arriva il protagonista tutti cominciano a cercarla e bramarla, insomma.

A suon di alti e bassi il protagonista raccoglie "amici" (gente che fino a cinque minuti prima si sarebbe ammazzata senza nemmeno la decenza di allontanarsi da un luogo pubblico) per recuperare questa sferetta killer che tutti bramano per i suoi poteri megadistruttivi. Per ben due volte si trovano in una situazione senza alcunissima via di fuga, e per altrettante ne escono in modi a dir poco assurdi come un karaoke improvvisato per distrarre il cattivone e rubargli lo scettro del potere (?)

Non sono da meno le incoerenze che slittano per il film: ad esempio la pietosa scena ispirata (o copiata?) a Indiana Jones - ricordate? Il ninja che fa teatrali acrobazie con le spade per intimorire Indy il quale con molta nonchalance estrae la pistola e lo fa secco in meno di un petosecondo - in cui Nebula chiacchiera davanti ai nostri eroi su quanto ora moriranno ecc, e si prende uno di quegli spari in faccia che la fa schizzare per metri rompendole tutte le ossa del corpo. Peccato che l'arma da cui è provenuto quello sparo fosse un bazookone più grosso di quel bestione di Bautista che la imbracciava. Volete davvero dirmi che Nebula non ha fatto una piega vedendosi puntare contro un'arma di quella portata?

Senza parlare dello spessore dei personaggi: il solito protagonista dedito alle donne e alle scaramucce ma che fa sempre la cosa giusta con un pizzico d'ironia, la co-protagonista dall'infanzia difficile e il portamento felino che fa breccia nel suo cuore dopo un paio d'ore di conoscenza, il bestione inutile che sta lì solo per far scena a dorso nudo, l'alieno geneticamente modificato che provoca talmente tanta tenerezza da non far smettere di pigolare nemmeno per un minuto un branco di ragazzine alle spalle della sottoscritta al cinema, e il procione che si è dimostrato decisamente il più furbo di tutti.

Persino l'oggetto del desiderio mi ha lasciato vari dubbi: dalla spiegazione del suo funzionamento mi era parso di capire che fosse una pietra che reagisce alle sostanze organiche annichilendole all'istante, e invece più volte questa pietra viene usata sulle stesse sostanze organiche senza provocargli niente di più che uno scossone e uno sbattimento per terra.

Ovviamente il finale ha lasciato aperti una marea di interrogativi che saranno argomenti di un prossimo film, che io sicuramente non vedrò.

Simpatica la presenza di attoroni come John C. Reilly e Glenn Close come a voler elevare il valore della pellicola, poveri loro.

Insomma, i sei euro peggio spesi dell'ultimo semestre.


Andiamoci di numeri:

Regia: 6
Sceneggiatura: 6
Originalità: 5
Linearità: 4
Coinvolgimento: 6
Voto finale: 5,4



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